Riapertura del caso e nuove tracce forensi
Sono passati quasi diciotto anni da quel tragico 13 agosto 2007, quando Chiara Poggi venne uccisa nella sua abitazione a Garlasco (Pavia).
Oggi il delitto torna al centro dell’attenzione grazie a nuovi elementi investigativi.
Era stato infatti il suo fidanzato, Alberto Stasi, a essere condannato in via definitiva dalla Corte di Cassazione nel 2015 come unico responsabile dell’omicidio.
Tuttavia, nuove analisi genetiche hanno rivelato un profilo maschile distinto.
Contestualmente è emersa la sparizione di una provetta contenente un’unghia della mano sinistra di Chiara Poggi.
L’indagine parallela aperta dalla Procura di Pavia riguarderebbe infatti l’ipotesi di omicidio in concorso, con Sempio indagato e la famiglia Sempio al centro del mirino.
Nel frattempo è messo in discussione anche l’alibi che Sempio aveva fornito: uno scontrino del parcheggio di Vigevano che lo avrebbe collocato altrove la mattina dell’omicidio è ora oggetto di forte dubbio a seguito di testimonianze che ne contestano l’emissione

(Alberto Stasi, condannato per l’omicidio di Chiara Poggi)
Il “sistema Pavia”, la revisione del processo e la posta in gioco giudiziaria
Sul versante istituzionale e procedurale, il caso Garlasco tocca nodi delicati. L’ipotesi che le indagini originali siano state influenzate da quello che alcuni media chiamano il “sistema Pavia” sta guadagnando spazio nelle cronache.
Secondo articolate ricostruzioni giornalistiche, magistrati, ufficiali dei carabinieri e imprenditori avrebbero intrecciato rapporti opachi con potenziali ripercussioni sull’inchiesta originaria.
Nei fatti, i nuovi accertamenti indicano che il fascicolo non è più semplice revisione ma vero approfondimento di un meccanismo investigativo complesso che non si limita all’omicidio.
Se, infatti, emergessero responsabilità per Sempio in concorso o altri soggetti, si aprirebbe la strada ad una revisione del processo che ha condannato Alberto Stasi. Ne è consapevole la difesa di Sempio, che sostiene “prima di una nuova indagine bisogna provare l’innocenza di Stasi”. TGCOM24
Il nodo si fa così doppio: da una parte la possibile innocenza del condannato, dall’altra l’indagine di corruzione che coinvolge gli investigatori e la Procura. Mentre la verità appare sempre più stratificata, il caso di Garlasco resta paradigma del complesso incrocio tra scienza forense, memoria investigativa e lavoro del sistema-giustizia in Italia.
